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Da grande

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“L’estate sta finendo…oggi diventi grande”. Così mi disse più o meno mio padre, dandomi una pacca sulle spalle con lo sguardo dritto verso l’orizzonte. Avevo sei anni e a settembre avrei frequentato la prima elementare. Avrei lasciato alle spalle gli anni dell’asilo, avrei dovuto imparare a leggere, a scrivere, a contare con i tappi smerlati dei succhi di frutta. Il babbo mi disse che in terza elementare sarei anche potuto andare a scuola da solo, attraversando l’unica strada che divideva casa mia dalla Duca degli Abruzzi. Gli ombrelloni blu, scoloriti di sole, erano tutti chiusi. La sabbia morbida non conosceva orme, solo il segno della rastrelliera del bagnino che dalla riva accarezzava la rena fino allo stabilimento. Il temporale del giorno prima aveva segnato la fine dell’estate e l’aria fresca mi ricordava che settembre era alle porte. Sarei diventato grande. Un po’ mi faceva paura questa cosa.

Cosa sarebbe cambiato?

A me, a dire il vero, i grandi non piacevano un granché. Avrei preferito diventare vecchio piuttosto che grande. I vecchi erano fertili di sorrisi e mi regalavano le caramelle alla menta. Mi difendevano quando la mamma mi brontolava e le gonne larghe della nonna erano il posto nel quale mi riparavo più volentieri. Lì ero al sicuro. Ai miei occhi i grandi erano sempre troppo tristi, non giocavano mai, ridevano poco e quando lo facevano non ne capivo bene il perché. I grandi non erano felici, ne ero certo. E poi la mamma mi aveva detto che quando sarebbe iniziata la scuola avrei dovuto giocare di meno e pensare a studiare. E perché mai?. Io volevo rimanere bambino. Io stavo bene così, perché avrei dovuto cambiare la mia condizione proprio adesso?

Anche mia sorella, maggiore di me di ben cinque anni, era diventata grande alla fine di una calda estate. Ricordo che piangeva. Aveva la faccia corrosa di lacrime, mentre belava di tormento. Invocava il nome di mia mamma come se stesse per morire. Corsi da lei e mi resi conto che il suo costumino bianco all’uncinetto era intriso di sangue vivo, rosso come quello che mi usciva dalle ginocchia quando cadevo con la bici sui sassi. La mamma la coprì con un asciugamano e la strinse forte. La baciò sulla fronte per tranquillizzarla, poi le disse. “Tesoro mio, non preoccuparti. Non è successo niente. Sei solo diventata grande. Adesso non sei più una bambina, sei una donna”.

A settembre iniziai la scuola e alla fine la mia vita non cambiò poi molto. Crebbe il numero dei miei amici e imparai a leggere ed a scrivere. Feci cinque centimetri in un anno e risultai tra i più alti della mia classe. Per il resto mi sentivo sempre lo stesso. Ero sempre io. Marco, figlio di Francesco Morandi e Anna Semplici.

Ripenso a tutta quella storia, seduto su un patino addormentato sulla spiaggia. Sono sempre io. Con quarant’anni e un matrimonio finito ieri, con l’estate che se ne sta andando anche senza i temporali che adesso, nel 2009, non ci sono arrivano più, regolari, a lasciare spazio all’autunno. Settembre giungerà lo stesso e non mi ricorderà che si diventa grandi. Io però forse lo dirò ai miei figli e così faranno a sua volta loro, tra qualche anno. Avevo ragione, crescere è una gran fatica. E la vita scorre mentre rincorri progetti. Rincorri scalini da salire. Gradini che ti dicono che sei arrivato, che sei un grande. Studiare, laurearsi, lavorare, fare carriera. Sposarsi, avere figli, prendere il mutuo, far sì che il tuo matrimonio sopravviva al tempo che incede. Mi sembra di sentire la mano di mio padre che mi batte ancora sulla spalla e il suo sospiro disperso nell’orizzonte. Adesso è un vecchio. Felice dei suoi nipoti come tutti i vecchi. E io sono sempre il solito figlio scontento, sono un cliché. Ma ho in serbo grandi cose per me. E correrò ancora. Il mare mi aspetterà come ogni anno e ogni estate, quando gli ombrelloni saranno chiusi e le spiagge vuote. Tirerò le somme, contando con i tappi smerlati dei succhi di frutta, come facevo a sei anni. Quando sono diventato grande. Per la prima volta.

Per la foto ringrazio Nuvola Rapida e le sue immagini di Flickr! Vuoi vedere il suo album? Clicca qui!

Il racconto mi è stato ispirato dallo status di Facebook di Marco Liorni…parlava dell’estate che finisce! Vuoi vedere il profilo di Marco su FB? Clicca qui!