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Mondi paralleli in Terra di Toscana…


Due realtà che distano solo una cinquantina di chilometri, ma che racchiudono due mondi totalmente opposti quasi fossero collocati in due differenti galassie. Di cosa sto parlando? Di due facce della stessa medaglia: una Toscana arroccata (e proprio il caso di dirlo) nel quadro rassicurante di un passato da cartolina e di un altro pezzo di regione in cui niente è più come prima.

Mi sono trovato, a distanza di pochi giorni, a scoprire di fatto da una parte il silenzio ancestrale di Montefioralle, un piccolo borgo medioevale nel cuore del Chianti fiorentino ad un passo da Greve, e dall’altra il caos vitale e multietnico di tutta quell’area a nord di Firenze (Osmannoro) in cui è facile perdersi tra centri commerciali, palazzi, aziende, strade e asfalto.

Sarebbe troppo facile, ma forse anche inutile, stilare una classifica di merito (o puramente estetica) tra queste due dimensioni che potrebbero viaggiare parallele senza mai incrociarsi da qui ai prossimi anni o trovare – chi può dirlo – in una sintesi colorata un nuovo equilibrio tra centro e periferia. Ma in queste poche righe vorrei soffermarmi solo su due immagini, che ho colto dal cuore di queste due esperienze ravvicinate e che simboleggiano per me la globalizzazione inarrestabile che stiamo vivendo.

A Montefioralle – dalle atmosfere così lontane dalla routine quotidiana, tra quelle vie tortuose – il silenzio era rotto soltanto dai turisti inglesi che avevano “conquistato” il borgo conservatosi integro nei secoli. Uno spazio accogliente. Una terra così capace di intercettare idealmente e culturalmente le aspettative di un’Europa ormai da decenni di casa tra questi cipressi e queste colline da apparire quasi “straniera”, aliena (almeno alle orecchie). Lì invece all’Osmannoro, in quel fast-food assordante, ho visto decine e decine di occhi a mandorla, ma ho ascoltato una sola lingua fatta propria: l’italiano.

Mi è venuto naturale associare nei miei pensieri questi due momenti, vederli legati da un filo rosso e sottile, forse perchè ho avvertito con forza, una volta ancora, l’evolversi tumultuoso, disomogeneo e irreversibile della multiculturalità.