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Armi di narrazione di massa…


Li immagino seduti attorno al Principe, convocati d’urgenza per risolvere il caso-Ruby. Preoccupati, desiderosi di trovare una soluzione al problema, ansiosi di destrutturare la realtà per trasformare tutto in fiction, diluendo l’evidenza dei fatti nel chiacchiericcio televisivo e nella confusione semantica.

Giornalisti, comunicatori, esperti di pubbliche relazioni e protagonisti del circo mediatico – razza “maledetta” a cui anche io appartengo – sono tutti scesi in campo in una chiamata alle armi che sa di scontro finale: che cosa possiamo fare? Come ideare una nuova narrazione degli eventi a favore del sultano?

Ma sì, dai, è facile. Solita ricetta: rovesciamento dei valori, svuotamento di senso delle parole, costruzione di una nuova personalità della protagonista, introduzione a tavolino di elementi magistralmente pensati per accattivarsi pietisimi e consensi. Trovato il “contenitore” – la trasmissione di Signorini, “Kalispera” – l’operazione di restyling antropologico appare fin troppo chiara.

Siamo di fronte ad un personaggio eticamente discutibile? No, è una vittima che ha sofferto per violenze passate, familiari. E’ una donna sessualmente generosa che può turbare l’immaginario cattolico? Figurati, addirittura ha avuto la forza di cambiare religione e fede, abbandonando l’Islam per abbracciare il cattolicesimo. Che coraggio. Ha vissuto una esistenza “border-line”? No, soltanto “una doppia vita” più mentale che reale in cui ha prevalso una consapevolezza che ci libera dal dubbio: “puttane si nasce, non si diventa”.

E naturalmente, alla fine, il colpo di teatro rassicurante per le coscienze che non amano le pruderie: un nuovo amore, quello che la porterà all’altare. Ultimo tassello di una sceneggiatura pensata in vitro, ad uso e consumo del tubo catodico.

Non siamo più di fronte – al termine dell’intervista di Signorini – alla lolita “Ruby”. Ora davanti a noi c’è soltanto Karima El Mahroug sulla quale la normalizzazione della nuova storia ha agito disinnescandone la cifra esplosiva. E pazienza se ci sono intercettazioni e dati oggettivi, dubbi e preoccupazioni: “vanno contestualizzati”, le carte non contano, prevale il potere immaginifico della parola priva di riscontri.

Il contro-racconto mediatico scorre su un binario diverso da quello della meccanica degli eventi. I “fattoidi” – realtà dubbie o falsamente verificate- sostituiscono i fatti. La reiterazione della nuova narrazione, nella serialità televisiva, cancella il peccato originale. Santi e puttane, verità e bugie, bene e male, pubblico e privato. Alla fine è solo una grande marmellata dal fetore nauseabondo che copre d’incanto l’odore di marcio.