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Radio e figurine nel calcio che fu…


Scorrendo oggi l’Ansa leggo due notizie che non possono non riportarmi indietro nel tempo, con un sussulto nostalgico al cuore. Puro amarcord: i 50 anni compiuti dalla storica trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto” e la divertente novità delle 600 figurine Panini autografate da dodici calciatori di serie A contenute nelle bustine distribuite in tutte l’edicole d’Italia. I nuovi “introvabili”. Per chi ama il calcio, come fenomeno non solo sportivo ma soprattutto di costume, sono due facce della stessa medaglia.

Insomma, sono giovane, ho 34 anni, eppure credo di far parte di quella generazione “di mezzo” che ha visto – in un certo senso – ancora viva e vegeta una “vecchia Italia post-bellica” che si è trascinata (con tante contraddizioni) fino ai primissimi anni Novanta e che ora invece si trova totalmente immersa in una realtà profondamente modificata. Siamo dentro la cosiddetta post-modernità, tra outlet psichedelici e nativi digitali, ma noi – parlo di coloro che sono nati a metà degli anni Settanta quando la tv era ancora in bianco e nero e i canali si cambiavano a mano alzandosi dal divano – abbiamo ancora fortissimi legami con l’Italia dei “Padri”, almeno per quanto riguarda il dna calcistico. Siamo tutti un po’ figli di Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni e Graziani…e di Pertini, il presidente simpatico a tutti.

Un ventenne di oggi, invece, rispetto ad un over 30, non è entrato mai in contatto con quella società italiana degli anni Settanta/Ottanta così aderente ancora - nei costumi, nelle abitudini domenicali (leggi “pallonare”…), nei ritmi e nelle passioni quotidiane - al tratto più profondo del Belpaese degli anni immediatamente precedenti. La distanza socioculturale di allora – pur registrando inevitabili evoluzioni naturali – non era poi così marcata come oggi invece constatiamo – in modo spesso disarmante - nelle nuove generazioni. Ora si vive l’estetica del calcio digitale, da videogame, nel vortice caleidoscopico delle mille inquadrature. Il calcio “spezzatino”, ipertrofico, barocco, tremendamente decadente nella sua fragile maestosità da basso impero. Fino a metà anni Novanta, di contro, tutti avevano un approccio necessariamente analogico e ortodosso con quello che è considerato ancora oggi - a torto o a ragione – lo sport più bello del mondo.

“Tutto il calcio minuto per minuto” alimentava questo mito, come una colonna sonora delle nostre esistenze. Il mio primo ricordo radiofonico è ancora stampato nella memoria in un modo terribilmente chiaro nel segno di una data precisa: 27 marzo 1983. Un ricordo doloroso per me piccolo seguace di monsieur Michel Platini: la sconfitta in un derby memorabile della Vecchia Signora con il Torino. 3 a 2 per i granata sotto di due goal, in una rimonta pazzesca che vide la Juve travolta dalla furia del Toro. Nella radiocronaca concitata di quei momenti c’è tutta la forza evocativa delle onde sonore. Non vedevo Zoff raccogliere i tre palloni nella rete, ma vivevo l’atmosfera bollente di uno stadio Comunale urlante.

Ecco se penso agli Ameri, ai Ciotti, ai Provenzali, ai Luzzi, non posso non sentirmi travolto da un fiume di amarcord fatto di immagini, parole e sensazioni che scorrono lentamente come i titoli di coda di un film di un’altra vita, relativamente vicina  nel tempo ma ormai così tremendamente lontana. Domeniche passate alla radio con la schedina in mano nella speranza di fare 13 (quelle schedine in cui ancora segnavi a penna i tuoi pronostici); il piacere di seguire via radio tutte le partite giocate in contemporanea e l’attesa spasmodica per vedere i goal alle 18.10 con Valenti in ”Novantesimo Minuto” alla tv. Domeniche che sapevano di famiglia, parenti, patatine fritte, partitine con gli amici per strada, gite fuori porta, paste, casa e ritmi lenti. E tanto calcio, naturalmente, nella “povertà” linguistica di un mezzo televisivo che scorgeva appena l’alba delle reti berlusconiane.

E le figurine? L’album era il regalo della Befana, nella versione aggiornata offerta dalla Panini in concomitanza con il mercato di riparazione. Anche allora alcune immagini erano “introvabili”, avvolte nel mistero. Mi ricordo gli stranieri del Milan anni Ottanta, Blisset e Gerets, oppure il secondo portiere del Verona, Spuri. Mai visti. Pezzi ambiti per completare la raccolta, che valevano singolarmente in un baratto d’altri tempi anche 20 o 30 figurine, scudetti dorati compresi. Squadre che avevano al massimo 16-18 giocatori suddivisi in due pagine. Ora, con rose anche di 30 calciatori, quell’album leggero da sfogliare avidamente è diventato quasi un libro. Pesante. Come il ricordo di un calcio che fu…

1 Risposta a “Radio e figurine nel calcio che fu…”


  1. 1 Daniele

    Eh già…il ricordo di un calcio che fu…
    Poiché anche io appartengo a quella generazione di mezzo che ha visto anche i propri beniamini agghindati con cortissimi calzoncini e maglie di lana strettissime, non posso che “soffrire” di nostalgia nel leggere le tue parole. Riesco anch’io a sentire gli odori di quegli anni, i supertele che “rinvolavano” -come i palloni di serie A di adesso- scortati dal rumore della radiolina sempre sintonizzata su rai radio 2. Mi riecheggia nelle orecchie la sigla mitica del programma sportivo che significava domenica e solo domenica, non mercoledì o sabato pomeriggio…solo ed esclusivamente domenica. Era un calcio più lento, sia a livello di gioco che a livello mentale; più lento come la società a cui apparteneva…sarà malinconia, o nostalgia, o chissà cosa, ma quando ripenso alla mia Fiorentina, non riesco mai a vederla vincente a Liverpool, riesco soltanto a ricordare -con colori vividi opacizzati da lacrime leggere- Baggino che ne scarta 6 e segna al San Paolo o quell’ultimo giro di campo, carico del pianto di 45000 tifosi, di Antonio…il 10 che non ha mai tradito.
    Altri tempi, altre emozioni…sono cambiate regole, movimenti di gioco, tattiche in campo e modo di tifare. E’ diventato tutto un sussulto, un fremito, una caciara becera che lascia spazio soltanto a opinionisti sproloquianti e a chili di pubblicità durante la messa in onda dei “nostri” goal…
    Ci rimangono i colori del cuore, le città che amiamo e il solito posto in curva pieno di amici pronti a ricordare…
    Dobbiamo ricominciare da qualche parte…e dobbiamo farlo in fretta, senza dar troppo peso ai risultati o alle parole di gente che infanga il calcio, perchè il nostro sport preferito non diventi solamente un vuoto a perdere…
    Comunque vada, per dirla alla Ligabue, una domenica sì e l’altra pure mi troverai”…sempre lì, lì nel mezzo…” alla curva…per gridare tutto l’amore che ho per Firenze e per tutto il calcio…minuto per minuto, secondo per secondo!
    Daniele

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